"All'inizio la parola 'deserto', che significa assenza di vita, può fare paura; paura del silenzio e della solitudine; paura dei ragni, degli scorpioni e delle vipere; paura del sole e della sete; infine paura di perdersi. Ma quest'ultima è anche una buona ragione per andarci: fra pochissimo tempo la possibilità di perdersi sarà un lusso rarissimo in questa nostra esistenza -che non è più vita- dove tutto è suggerito, organizzato, preselezionato anche nel tempo libero. Dove si potrà ancora essere liberi, vale a dire affidati a se stessi?"
(Gaston Rébuffat)


"Avventura". Cercavo, invano, un modo di descriverla....è bastato cercarla, e l'ho trovata. Due anni e mezzo fa, salendo la bellissima e facile “cascata di Forzo“, ero rimasto a guardare questa parete una buona mezzora. Fotografandola, intuendone le linee, guardandola come un sognatore che pensa a quanto sarebbe bello provare a salirci, senza nemmeno sapere il nome, e se qualcuno ci avesse mai messo le mani...ma in realtà, non era questo a interessarmi, quanto la bellezza della linea e della parete. Era sotto gli occhi di tanti, qualcuno l'avrà pure vista e 'vissuta', pensai! Poi arrivai a casa e cominciai a guardare sulle varie cartine e mi aspettavo di leggere qualche nome 'famoso', qualche posto dal nome noto ma che io, non conoscendo le zone, non immaginavo potesse essere proprio lì. Invece lessi solo “Costa Vargnei“. Incuriosito, cercai allora in tutto ciò che era in mio possesso, chiesi alle persone che conoscevo e che potevano sapere, senza trovare nessuna informazione. Pensai che era impossibile...e richiusi il cassetto. Un giorno, dopo una via all'ancesieu, me ne ricordai e andai a vederla dal parcheggio. Guardando dov'era, e com'era quel pendio, pensai che forse, quell'accesso così selvatico più di qualcuno poteva averlo scoraggiato...ma non me, e decisi che in fondo, prima o dopo, non potevo non andarci a sbattere il naso...

E così, ecco l'esatto opposto del preconfezionato a cui ci stanno abituando, dove tutto è sicuro, standardizzato, bollinato, spittato ogni 2,5 metri, soste con catene marchiate CE, pulito, 'plaisir', pieno di ometti, di bolli gialli, blu, rossi, verdi, arancioni, catarifrangenti che si vedono anche con la nebbia, spezzoni di corde fisse dove basterebbe semplicemente camminare e guardare dove si mettono i piedi, come si è sempre fatto, da migliaia di anni a questa parte. Con la scritta alla base, per non rischiare di finire sul giocattolo2, piuttosto che sul giocattolo1. Siamo finiti -perchè abbiamo voluto finirci!- dove non ci sono i cartelli “perdiquà”, “perdilà”, ma solo felci, liane, erba olina, cascatelle d'acqua, piccoli guadi. Dove non basta saper scalare, riempendosi la bocca di gradi, di misure di friends, di quanti cordini portare. L'avventura, per me, E' questa salita. E' l'avvicinamento impervio da intuire dal fondovalle, da inventarsi cinquanta metri alla volta. E' la salita per una linea fantastica dritta verso il cielo -dove bisogna sapersi proteggere ringraziando la roccia che accoglie con facilità noi e i nostri 'amici'. E, ancora, è la 'strana' e inusuale discesa, perchè no in parte con il buio, lunga e senza punti di riferimento. Con queste salite si parte prima di colazione e non si torna per pranzo, per merenda, e con buona probabilità quasi mista a certezza neanche per cena, e allora direte voi, perché farle? Perchè ci piace vivere così. Ci piace avere la possibilità di poterci perdere, il gusto di giocare ad armi pari con quello che la natura ci offre. Di poter sognare una linea, e un giorno avere il coraggio e la grinta per decidere di andarla a vedere, rischiando un viaggio inutile e uno sbattone enorme solo per inseguire una linea immaginaria, che in fondo non porta poi da nessuna parte, se non in cima a un mucchio di pietre.

....e allora perchè, davvero, salire qui?! Perchè è straordinario avere il lusso, in quest'epoca in cui tutto è preconfezionato e standardizzato, cavolo, avere il lusso di perdersi! Hai visto, Gaston?! ...fantastico!

...e fu così che ci perdemmo, e poi ci ritrovammo. “mich ormai figurarsi, sarà già alla base della fessura!”, disse ga dopo essersi accorto che ormai da una buona mezzora c'era un solo essere umano (...) a rispondere ai suoi deliri. E in tutta risposta, spettacolo affascinante per il medesimo e andre fu vederlo abbarbicato, trecento metri più in basso, su delle placche di roccia bagnate cercando di ridiscendere laddove era salito. E ancora verso la parete, tra liane, giungle, erba e felci alte un metro e mezzo, piccoli torrentelli, cenge, canalini, tracce di camosci quà e là a indicarci la strada più semplice per raggiungere la nostra destinazione. Forse chissà, anche loro avevano visto quella linea! ...e finalmente, ritrovarci sotto questa fantastica fessura dritta verso il cielo senza interruzioni. Duecento metri di ferita su questo panettone roccioso, un taglio nettissimo e perfetto che ti porta direttamente lassù, in una valle che non deve aver visto molte anime in vita sua. E oggi, che ha ospiti, la valle si è vestita di un magnifico abito per mostrarci il suo lato più bello...ha acceso il riscaldamento, ha aperto tutte le finestre, ha illuminato tutto a giorno, ha girato il ventilatore verso il cielo, per non lasciare che le nebbie e le nuvole nascondessero qualche particolare della sua bellezza. E allora via, verso quel cielo, per fessure perfette e diedri bellissimi, martello e chiodi nello zaino, oggi si sale solo a friends e nuts, su una pietra che ti premia dell'aver avuto l'ardire di venire fin quassù a conoscerla. Ancora su, e poi un pò di sole arriva a salutarci, a rendere più ospitale quest'ombrosa parete, mentre le camme dei friends continuano ad andare su e giù senza troppi problemi, e finalmente eccoci qui, sulla cresta, a goderci il sole e il piccolo paradiso in cui siamo. E' un posto fantastico, qui! ...e poi giù, seguendo l'intuito e l'istinto, fino agli zaini. E ancora giù, “a fiuto”, e seguendo qualche traccia di camosci (loro sì che se ne capiscono!), e ancora giù, con la frontale, giù per boschi ripidi, qualche saltino imprevisto, usando come unico senso per orientarsi, il rumore dell'acqua. E alla fine, devastati, ritrovarsi di fronte al fiume che 'spacca' la valle di forzo a metà, e che in un attimo ci riporta ai segnavia bianchi e rossi, e con questi, in cinque miseri minuti alla civiltà.....sedici ore dopo. Tutti e tre devastati come da tanto tempo non ci capitava, ma, in fondo, strafelici di esserci stati, e di aver vissuto sedici ore “così”. Era una linea nuova...?! Non abbiamo trovato nulla, né informazioni né traccia alcuna di passaggio. Quindi forse sì...ma alla fine poi...che importa?! Un grazie particolare ad andre e mich, che non hanno esitato molto a seguire le idee strampalate di un tipo “un pò così”.... :-) in quest'avventura magnifica e straordinaria!


Relazione PDF

PS: dopo alcuni mesi di ricerche, ho finalmente scoperto che non si tratta di una linea nuova, ma di una ripetizione di una via di Alessandro Zuccon e soci, del 1981 (!)...il rispetto della storia e del passato è imprescindibile! Ciò premesso...quello che è stata questa giornata per noi non cambia di una virgola! :-)



Data: luglio 2013

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Punta delle Tole Reverse (Zuccon)