"Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. [...]", diceva quello. E quello viveva da queste parti, o perlomeno ci era nato. E quel colle, e quella siepe, probabilmente erano dalle sue parti. Sicuramente la gioia nel non vedere il casino sull'autostrada adriatica, le code, gli ingorghi, quelli che guidano all'inglese stando sulla sinistra pur essendo italiani, quelli che -italiani- guidano all'italiana zigzagando senza meta tra le corsie forse alla ricerca del piadinaro di turno, insomma: se quel moderatamente noto poeta si era piazzato a scriver poesie su un colle e con una siepe ad oscurare la riviera romagnola in un sabato d'agosto, avrà pure avuto le sue porche ragioni! ;-)

Poi beh, ga era stato geniale: ”danno 8km di coda dalle parti di senigallia, conviene uscire e fare la statale e poi rientrare!“. Se qualcuno poi avesse spiegato a ga che in quel tratto la statale è praticamente un'infinito lungomare di quel tratto di costa -per fortuna poco frequentato in questa stagione- che risponde ai nomi di Rimini, Riccione, etc....beh, forse l'arrivo nella località prescelta sarebbe stato un pochino più rapido... ;-)

In tutto ciò, la salita del giorno dopo sarebbe stata il meno; e dopo la prima notte passata nella super-maggiolina (!!), al mattino siamo belli freschi e pronti per i primi scopaccioni. Scegliamo la via più classica di tutte per cominciare, la bellissima via del Vecchiaccio. Ma per mettere le cose in chiaro, i nostri due cialtroni tiran su dritti d'ignoranza. Ignoranza che verrà prontamente al pettine, quando le altre dozzine di cordate dietro di noi, decideranno di non seguire i due bifolchi palesemente fuori via, e di seguire l'ovvia linea; lasciando così ga ed ele nella solitudine del terzo tiro delle placche del totem, placca marmoladiana. A proposito di solitudine, chissà come si deve esser sentito quel chiodo...la prima e unica protezione del tiro. E il IV+ del Vecchiaccio è in fretta dimenticato :-) Ci rifiniamo per sbaglio, e poi ga, giunto sotto il tiro che molti evitano per la Aquilotti '75 (una sfilza di chiodi che neanche maestri sul torre), si caccia su senza alcun dubbio per l'originale...quantomeno perchè altrimenti del vecchiaccio ne avremmo visto in tutto una trentina di metri. Tentato dall'imitare il buon Bini (impossibile da imitare comunque, con le scarpette tecniche e in ripetizione sapendo che di lì ci si passa non è esattamente lo stesso sport) non passando quel fittone lì in bella vista sotto il passo chiave che qualche buon uomo ha messo in passato per la nostra sicurezza (...), lo sguardo di ele dissuade ga come solo una donna terrorizzata dai traversi può fare con un uomo. Peccato. Non tanto per l'averlo passato, quanto per il fatto che qualcuno ha deciso per noi che ci potesse essere questa scelta...diciamo che avrei preferito scegliere tra ”me la sento o faccio un'altra via?“, che tra ”lo passo o non lo passo?“. Piccole disquisizioni che lasciano il tempo che trovano, quasi come il grado dato dal Bini sulla placca della Stefano Tribioli; e chiunque abbia fatto quel tiro, sa di cosa parlo! ;-) A spasso a qualche metro dal chiodo, ga si mette a recitare il suo mantra: ”il terzo tiro della Stefano Tribioli è quinto grado...il terzo tiro è quinto grado...il terzo tiro è quinto grado“, finchè poi sbarca alla sosta. Ele, ripensando al vecchiaccio, probabilmente riflette che anche uno spit qui in mezzo a sto traverso schifo schifo non le avrebbe fatto...ma intanto giunge in sosta incolume. Vengono poi due tiri in fessura dati 5a o giù di lì, e sui quali i mugolii di ga fanno insospettire ele sulla correttezza degli stessi...ma d'altra parte, siamo a due passi dall'uscita, e la nostra prima giornata sul gran sasso è ormai quasi finita: bella!!! :-)
Data: agosto 2014

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Corno Piccolo (Il vecchiaccio, Stefano Tribioli)